Michael Kiwanuka – Love & Hate
Gli appunti di SpinnIt – Michael Kiwanuka.

Prima di ogni puntata siamo soliti prendere un po’ di appunti. A volte è un canovaccio vero e proprio, spesso scritto a mano sulla nostra agenda. Altre volte, però, ci lasciamo un po’ andare in dettagli e digressioni, tanto da dare vita ad un vero e proprio script.
In questo caso, questi sono i miei appunti su Michael Kiwanuka, da sempre amico di SpinnIt e sul suo album Love and Hate.
Love and Hate
Love & Hate è il secondo album di Kiwanuka. È uscito nel 2016 e segue il suo album di esordio dal titolo Home Again, uscito nel 2012. Lo scorso anno, infine, è uscito l’ultimo album di Michael: KIWANUKA.
Siamo di fronte ad un artista che riprende in tutto e per tutto le atmosfere soul e rock degli anni 70. Le influenze sono chiaramente tantissime ma più di tutti mi vengono in mente: Bill Withers, Jimi Hendrix, Marvin Gaye e Otis Redding. Love and Hate, però, non è solo questo. Nel corso dell’album, partendo da questa base fondamentalmente soul, infatti, Kiwanuka esplora tutta una serie di sonorità che vanno dal funk, al blues più classico, con anche un tocco di progressive e qualche riferimento ai Pink Floyd nelle parti più strumentali e ricche di pathos di alcune canzoni.
Rispetto all’album precedente, che volutamente e marcatamente retrò, Love and Hate rappresenta una evoluzione e una rivisitazione moderna di temi e sonorità tipiche del passato. Si tratta poi anche di un album molto più mainstream e facile, rispetto al precedente. E con facile intendo dire più adatto ad un ascolto pop e ad un pubblico medio che difficilmente ha tempo e voglia di impegnarsi a scoprire cosa c’è dietro ad una canzone.
Questo, ad ogni modo, non significa che sia un album semplice o meno curato rispetto al precedente. Tutto il contrario, infatti siamo parlando di un album, come dicevo, molto complesso che spazia in maniera molto più decisa fra vari generi e temi, rispetto a Home Again. Senza dimenticare le sue radici, chiaramente.
KIWANUKA
Un percorso, questo, che Kiwanuka ha definitivamente concluso con il suo ultimo lavoro: KIWANUKA. Un album nel quale Michael ha voluto fare tutto da sé; un album, questo, simile al precedente ma che – a mio modo di vedere – non ne raggiunge la grandezza. Non che non sia bello, anzi: è un album che, come Love and Hate, non mi stanco di ascoltare. Eppure, allo stesso tempo, sembra avere qualcosa in meno.
Le sonorità rimangono le medesime del precedente, c’è sempre una ricerca dell’epicità e del pathos, che però – nonostante preludi e interludi fra le varie canzoni – non viene trasmessa quanto in Love and Hate.
Il mio giudizio, ad ogni modo, nei confronti di questo disco si sta delineando in maniera sempre più precisa e probabilemente – anzi sicuramente – si sentirà di nuovo nominare Kiwanuka all’interno di SpinnIt Podcast.
Passando ad altro, quello che ho amato di questo album, che ho ascoltato così tante volte da conoscerlo letteralmente a memoria, è il fatto che sembra letteralmente un disco del passato, ma fatto oggi. Sì, probabilmente è un discorso un po’ strano ma ascoltandolo si notano tutta una serie di richiami agli anni 60 e 70 che però nell’insieme sono assolutamente attuali. Sembra quasi di sentire brani inediti di gruppi e artisti passati e questo mi fa vibrare certe corde emotive che mi portano ad amare follemente l’album e Kiwanuka.
Dal vivo
Oltre a questo, comunque, come dicevo ho avuto modo di sentire dal vivo Michael, al Teatro Regio di Parma e devo dire che – e questo non capita sempre, ma quando succede è la cosa più bella – non ha deluso le mie aspettative.
Mi spiego, io sono andato a sentire il concerto dopo quasi un anno di ascolto continuato dei suoi album. L’hype era vero e si sa che quando l’hype è tanto, il rischio di rimanere delusi è molto elevato. Ecco, terminato il concerto io ero felice, ero emozionato. E, ripeto, non è una cosa che succede sempre.
Non solo ma dopo il concerto ho avuto anche modo di scambiare due chiacchiere con i suoi musicisti, lui purtroppo non si è fatto vedere, ed è un ricordo bellissimo che mi porterò sempre dietro.
Non è da tutti, infatti, passare del tempo in maniera del tutto informale e amichevole con dei fan dopo un concerto e Jablonka e Graham si sono dimostrati proprio simpatici e presibene: abbiamo parlato di musica, di cosa si poteva fare post-concert nell’ormai dormiente Parma e hanno anche cercato di sgamare Michael che però – mannaggia a lui – non si è fatto vedere. In più mi hanno autografato il vinile che non fa mai male.
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