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Blonde Tongues – Safe Like Silk In Polyester Sheets

Immagine tratta dalla copertina dell’Album “Safe Like Silk In Polyester Sheets” 2017

I pomeriggi di fine estate non hanno mai avuto un buon sapore. Le giornate sono più cupe, le responsabilità e i doveri, assenti durante la bella stagione, ti cadono addosso come una valanga di vestiti abbandonati su una sedia lontana dal suo luogo d’origine.

Perché è proprio così che mi sento: isolata anni luce dal mio luogo d’appartenenza.

Una cosa buona del ricominciare ad avere una certa routine però c’è: pianificare nuovi progetti e sperare in nuove possibilità.

L’album dei Blonde Tongue Safe Like Silk in Polyester Sheets – è arrivato proprio in questo momento di riappropriazione della realtà. Mi ha dato tutto ciò che non credevo di avere in questo momento: la voglia di rimettere tutto in ordine, chiudere le situazioni portatrici di negatività in un cassetto e buttare via la chiave. Ma soprattutto, essere fiera e grata di ciò che ho vissuto e di ciò che arriverà.

Certe canzoni forse arrivano proprio per rassicurarti e farti capire che è arrivato il momento di fare due conti.

La negatività ha avuto poca resistenza nella mia mente, per dare spazio a una strana voglia di amare quella sensibilità che tanto maledico. Ascoltarli è come salire in macchina e partire senza meta solo per il gusto di guidare. Ed è proprio durante quel viaggio fuori programma che cominci a notare le piccole cose: un nuovo bar, una parte di verde rifiorita in una zona abbandonata a sé stessa.

In 14 brani è descritto il trascorso emotivo della band, tra canzoni spezzate e piccole atmosfere strumentali che amplificano l’esperienza sensoriale dell’ascolto.

Ogni brano è meticolosamente collegato, come la stesura di un romanzo. Lo si può quasi dividere in due parti: la prima parte è più un’introduzione che porta speranza e contemplazione di ciò che si ha intorno e di chi si ha intorno. La seconda parte va lentamente a sgretolare quei buoni propositi; quella voglia di ricominciare. Il contrasto tra piacere e rassegnazione è ben calibrato da melodie semplici e da una voce che canta appena.

Quel viaggio senza meta diventa inaspettatamente un ritorno che non regala più troppe sorprese. Il cielo fuori dal finestrino è ormai dipinto con un leggero velo di accettazione della realtà presente. A tratti si scorge una paura di un sentimento travolgente. Timore della sua bellezza e dei suoi effetti.

Verso la fine l’atmosfera è sempre più intima, decisamente decadente e non meno toccante.

Quel tragitto deciso su due piedi con tanto entusiasmo finisce col divenire sporcato dalla paura di perdersi (tracce particolarmente significative a riguardo: Goodbye My Darlings, Stephanie, Love Song #5 ).

Lentamente, l’ordinario si fa strada fino a ritornare al punto di partenza. Un ciclo che si ripete, nelle sue bellezze e imperfezioni.

Mentre rallenti per parcheggiare vicino casa, intere estati di rimpianti e segreti non svelati ti passano in mente repentinamente, come un flashback unico.

Potevo godermela di più”, pensi e dici ad alta voce dopo aver messo piede a casa.

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